Archive for l’olandese

La buona stella

Dove eravamo rimasti…? Ah sì, era iniziato l’anno nuovo. Già, ma quale anno? Hahaha!

Allora, per riprendere le fila del discorso, abitiamo sempre nella stessa casa, in quattro umani e due gatti: Ste ed io siamo ‘migliorati’ (utilizzando liberamente il paragone del vino), i bambini vanno già alle scuole superiori… no, scherzo! Ma neanche tanto: sono a scuola già da un paio d’anni. Credo che i gatti siano quelli che se la vivono meglio; nel tempo la loro occupazione è rimasta invariata: trascorrere la maggior parte del tempo a dormire e, di tanto in tanto lamentarsi solo in mia presenza (cosa assai fastidiosa) per ottenere del cibo.

Credo di aver detto tutto a grandi linee quindi potrei terminare qui.
Ma dopo questa lunghissima assenza, vorrei almeno darvi qualche cosa da leggere!

Qualche anno fa la società presso cui ero impiegata ha iniziato a delocalizzare parte delle attività con la conseguenza che molti impiegati sono rimasti disoccupati; tra questi anch’io.
Dopo l’iniziale schiaffo, ho capito che la situazione era molto più favorevole di quanto sembrasse. Da diversi mesi, infatti, stavo riflettendo sulla necessità di lavorare di meno, di stare un po’ di più con i bambini, di non dover correre sempre, ed ero arrivata alla decisione di voler ridurre l’orario di lavoro. Non ce n’è stato bisogno.

Ho approfittato del tempo ritrovato per godermi appieno i bambini e studiare l’olandese presso una scuola; pensavo che così sarebbe stato più facile trovare lavoro in città. Già, perché lavorando Ste ad Amsterdam, era necessario che io rimanessi vicino a casa e alla scuola per occuparmi dei bambini.

|Aria|

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Propositi per l’anno nuovo

Eccoci qui nel nuovo anno, sazi, già stufi di lavorare, con 12 mesi davanti in cui pensare, progettare, dire e fare.
Non che impazzisca all’idea di trovare delle mete da raggiungere, ma in effetti trovo utile dare un ordine alle priorità, giusto per sapere la via da seguire mentre la vita procede giorno dopo giorno.

Imparare definitivamente l’olandese è ormai un obiettivo senza scadenza, nel senso che realisticamente non ci sarà il tempo né la voglia di seguire il 3° corso di lingua. Mantenendosi realistici, la soluzione rimane quindi una, attuabile in qualunque momento dell’anno: ascoltare, leggere e parlare in olandese il più possibile. Mi sto già cimentando in ognuna di queste attività, ma ci vorrebbe più tempo e più costanza.
Ecco, questo posso definirlo un proposito per quest’anno (e per quelli a venire..): essere più costante nell’apprendimento dell’olandese.

Il nostro proposito del 2013 è la ricerca di una casa da comprare. L’attuale contratto d’affitto scade quest’anno ed abbiamo considerato che, nonostante la diminuzione degli incentivi sull’acquisto della prima casa, rimane più conveniente comprare una casa anziché affittarla.
Ho chiesto a qualche amica e ai colleghi come avessero intrapreso questa strada e ho ricevuto le risposte più disparate: ognuno ha la propria storia, i propri contatti, o il vicino di casa che ha deciso si vendere la casa.
Ho navigato a lungo in un sito specializzato nella compravendita di case, per cercare le migliori offerte in una zona vicina alla stazione, perché vogliamo rimanere ad Haarlem e dalla stazione si arriva praticamente dovunque.

Casetta dello zar

Casetta dello zar

La casa che vorremmo è decisamente più grande di quella dello zar Pietro Il Grande di Russia.
Nel 1697 lo zar trascorse un breve periodo proprio in quella casa, che si trova a Zaandam (meno di 20 km a nord-est di Amsterdam), mentre apprendeva la costruzione delle navi.
La foto la riprende da fuori, anche se attorno alla casetta è stato costruito un edificio più grande (dalle sembianze esterne di una casa), proprio per salvaguardare l’abitazione dell’epoca. Attualmente la casetta è in ristrutturazione, ma dovrebbero riaprirla alle visite in un paio di mesi (vedi sito del museo).
Proprio quest’anno, il museo Hermitage di Amsterdam dedica una mostra a Pietro Il Grande, come omaggio alla relazione speciale tra Olanda e Russia.

|Aria|

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In castigo nell’angolo

La domanda che spesso mi sento fare dai connazionali è: come va con l’olandese?
Generalmente la risposta è sempre la stessa: è difficile, non ho le possibilità economiche, temporali e (ultimo ma non trascurabile) psico-fisiche per seguire un corso di olandese e la sera, quando arrivo a casa dopo una giornata di lavoro, mettermi a studiare un po’ di olandese è proprio l’ultima cosa che mi viene in mente.
Se l’interlocutore conosce l’olandese, la maggior parte delle volte parte con un rimprovero perché “… ormai sei qui da più di 3 anni! Non serve necessariamente un corso, dovresti parlarlo ogni giorno”. Tutto vero, quindi non obietto ma rimarco che il mio compagno è italiano e che lavoro 40 ore a settimana, quindi non è proprio così facile.
Non demordo e sono fiduciosa che prima o poi riuscirò a leggere un quotidiano dall’inizio alla fine.

Non ho ancora capito come funzioni il sistema scolastico olandese, ma sembra piuttosto dinamico.
L’istruzione obbligatoria dura complessivamente 12 anni, dai 5 ai 16; i bambini possono andare a scuola anche un anno prima.
All’interno dei 12 anni sono compresi gli 8 di scuola elementare (Basisonderwijs) e, parzialmente, i 4 o 6 anni di scuola superiore (Voortgezet Onderwijs). A seconda del percorso scelto, segue poi l’iscrizione ad una scuola professionale, o all’università.
La lingua straniera, che inizia ad essere insegnata già a 4-5 anni, è l’inglese. Inoltre, le lezioni universitarie si tengono in inglese.
So che sembra tantissimo -tutta la mia formazione è italiana-, ma se si pensa che non esiste il doppiaggio e che ogni trasmissione (cinematografica e televisiva) è in lingua madre con i sottotitoli in olandese, è abbastanza facile immergersi nel poliglottismo fin da bambini.

|Aria|

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Lingua e cultura

Un paio di anni fa, in un ristorante ad Haarlem, mi capitò di incontrare una donna inglese che parlava anche olandese.
Scambiammo qualche chiacchiera sulla difficoltà di imparare l’olandese, in quanto lingua piuttosto complessa anche nella pronuncia, ma anche perché per vivere nelle città olandesi è sufficiente l’inglese.
Volendo impararlo a tutti i costi, secondo la donna inglese, ci si impiegava un paio d’anni.

È vero che un olandese conosce l’inglese mediamente molto meglio di un italiano.
A scuola iniziano presto ad insegnarlo ai bambini (intorno ai 5 anni) e tutti i programmi televisivi, i film al cinema, vengono trasmessi in lingua originale con i sottotitoli in olandese. Alcune lezioni universitarie (la maggior parte, mi dicono, ma devo verificare) si svolgono direttamente in inglese.
Piuttosto conseguente quindi, che la maggior parte della popolazione olandese parli inglese. Certo, in un paesino di qualche centinaio di anziani, magari non parleranno un inglese fluente, ma nelle città lo parlano praticamente tutti, dai bambini ai nonni.

Noi siamo qui da più di 2 anni. All’attivo ho 2 corsi di olandese interamente frequentati, mi interesso parzialmente di politica e cultura olandese, cerco di capire come funziona il sistema sociale/fiscale, ma comunque non parlo ancora bene l’olandese. Devo ammettere (e mi sembra già chiaro) che non ho dedicato le mie energie completamente allo studio dell’olandese; chissà, magari facendo così, ora scriverei anche questo blog in olandese..

Fino all’anno scorso (con strascischi anche quest’anno), le municipalità più grandi offrivano dei corsi di integrazione e lingua olandese, della durata di 1 anno con cadenza fino a 3 volte per settimana, gratuiti, per gli stranieri. Erano corsi molto validi e venivano riconosciuti da tutte le istituzioni olandesi.
Dopo che il governo è cambiato, poco più di un anno fa, gli stessi corsi sono diventati a pagamento (circa 7 mila Euro).
Probabilmente, secondo l’attuale governo, è facile che un emigrato volenteroso abbia a disposizione una cifra del genere.

|Aria|

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Questione di linguaggio?

Ho iniziato il secondo corso di olandese, la mia prima vera avventura in lingua e terra straniera. Per la prima volta sono da sola, senza l’ottimo compagno di banco Ste che, suo malgrado, era anche un vocabolario da consultare in ogni momento.
Questo corso sembra più strutturato del precedente (svoltosi ormai quasi 2 anni fa), l’insegnante lo è di professione (ho sempre avuto dei dubbi sul lavoro del nostro primo insegnante di olandese) e l’edificio è un maestoso comprensorio di uffici.
La varietà del livello di preparazione dei miei colleghi mi stupisce perché alcuni vivono qui da anni, in modo stabile e con prole, ma non sanno ancora l’olandese.
Il metodo di insegnamento è più scolastico e mi sembra buono. Vi terrò aggiornati, finché riesco a sopravvivere alla ‘maratona’ delle 14 ore fuori casa, con in programma il corso post lavoro!! 

Qualche giorno fa parlavo con un’amica, molto più poliglotta di me, delle lingue e di come riusciamo ad esprimerci con esse. Chi non sperimenta quotidianamente il bi(o più)linguismo, pensi alla lingua ‘ufficiale’ e alle forme dialettali.
Ognuno di noi usa una lingua specifica per parlare di un preciso aspetto della vita; se, ad esempio, voglio parlare di qualcosa di emotivo, uso l’italiano. E magari tra un po’, se dovrò spiegare qualcosa di lavorativo, userò l’olandese.
La lingua che si utilizza per parlare delle questioni più formali, generalmente è quella ‘imposta’ dalla scuola, dall’ambiente lavorativo; mentre quella che usiamo per raccontare questioni personali, è la lingua più familiare, più intima.

Mi ha colpito molto una cosa di cui ho sentito parlare dal papiño: uno studio antropologico, della metà del secolo scorso circa, sull’incapacità della lingua tahitiana di esprimere la sofferenza psichica. C’erano le parole per parlare del dolore fisico ma non quelle per descrivere quello psichico. Purtroppo questo studio dimostrava che proprio a causa dell’incapacità di descrivere la sofferenza umana, alcuni si toglievano la vita.

|Aria|

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di rientri e propositi..

Col ritardo che mi contraddistingue oramai da decenni, voglio anch’io farvi i miei migliori auguri per questo nuovo anno appena iniziato. Salute e felicità sono le uniche cose che vi auguro, mi concentro sulle uniche veramente importanti per non diluire l’effetto dell’augurio.

Da quasi una settimana abbiamo fatto rientro nella nostra piccola ma accogliente casetta di Haarlem e non vi ho ancora raccontato quello che abbiamo trovato al nostro rientro: durante la nostra assenza natalizia, qualcuno doveva aver celebrato una festa; se un cenone di Natale o il veglione di Capodanno non è stato possibile determinare con certezza.
Non qualche allegro squatter olandese, ma quella che io e Aria abbiamo chiamato “la combriccola dello stronzo topo”. Si poteva infatti riconoscere e ricostruire le allegre peregrinazioni dei roditori unendo le cacchette come si faceva con i punti numerati della Settimana Enigmistica. Non c’era sicuramente cibo in giro per casa e la dispensa è sempre inaccessibile, così devono aver atteso la mezzanotte con del cibo portato da altrove, attorno alle piantine poste sul davanzale, il posto più amato in nostra assenza, vista la concentrazione di “droppings” (dall’inglese to drop, sganciare..). Da lì era forse possibile scorgere uno scorcio di cielo tracciato dai fuochi d’artificio sparati per salutare il nuovo anno. Non avendo visto tracce di roditori da settembre alla fine dell’anno, pensavamo che avessero cambiato casa, invece hanno dimostrato una volta in più che quando il gatto non c’è, è tempo di ballare.
Quindi estendo gli auguri anche allo stronzo topo (speriamo sempre che sia uno solo, in fondo..), a lui auguro però di venir preso in trappola, oppure gli auguro di non farsi vedere, poiché l’acquisto della trappola fulmina topi (contributo video) è stato solo rinviato.
Del rientro non ho molto altro da raccontarvi, se non confermarvi il mio sleeping tour in nord Italia e in Europa già segnalatovi da Aria nel post precedente, affermando che potrei creare una specie di guida Michelin dedicata ai mezzi pubblici, con particolare attenzione alla qualità del sonno, con tutti i consigli per sfruttare al meglio le superfici orizzontali e verticali dei vari veicoli. Il titolo potrebbe essere “Sonni pubblici: Tour d’Europa a occhi chiusi“.

Dei propositi per l’anno appena iniziato posso citarvi l’olandese e una stanza in più.
Il 2011 deve essere l’anno dell’olandese. Sì, perché quest’anno parte con una certa tranquillità dal punto di vista lavorativo e con molte cose sistemate, poi tra meno di una settimana riceveremo la chiamata per un’intervista telefonica atta a determinare il nostro livello di partenza e ad inserirci nel corso più adatto, che inizieremo a breve. Sarà il secondo corso di olandese, dopo quello fatto a pochi mesi dal nostro arrivo qui. Questo è forse un po’ più breve, ma più serio e, a differenza dell’altro, sarà riconosciuto da un attestato.

Per quel che riguarda la stanza in più, siamo alla ricerca di un appartamento un po’ più grande, probabilmente nella ormai nostra Haarlem, una stanza in più per poter accogliere qualche ospite senza doverlo scavalcare per andare in cucina.

Di nuovo, un felice anno a tutti, gelukkig nieuwjaar!

|Ste|

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biciclette e poliglotti

dall'altro lato della stazione

dall'altro lato della stazione

La scorsa mattina sono stato chiamato dall’agenzia per andare in una zorg huis, a svolgere il mio ormai solito lavoro di lavapiatti in tour. Così, verso le 11 vado in stazione per prendere l’autobus 75, che mi porta verso Ijmuiden, a nord di Haarlem. Mentre attendo il bus, assieme a una mezza dozzina di persone, perlopiù giovani studenti, voglio dare un’occhiata al cartello che descrive i lavori in corso che da qualche tempo impegnano il piazzale antistante la stazione centrale. Scopro che stanno lavorando ad un parcheggio sotterraneo, in grado di ospitare 5500 biciclette. Più 1200 al piano superiore. Rimango stupito e impressionato, pensando anche al parcheggio esterno già presente dall’altro lato della stazione , visibile nella foto.

Il 75 arriva e salgo. In perfetto olandese mi esprimo con le quattro o cinque parole che servono a comunicare la mia destinazione. L’autista ci pensa un po’ su, poi timbra 3 strisce della mia strippenkaart. Arrivo alla casa di riposo ed entro nel solito atrio scintillante che le accomuna tutte. Mi accompagnano alla stanza dove ci si cambia, e indosso dei pantaloni a scacchi azzurri e bianchi e un camice simil-cuoco. Li raggiungo in cucina, mi informano che c’è la pausa sigaretta e che devo parteciparvi. Dopo una decina di minuti andiamo nella stanza della lavastoviglie. Un parallelepipedo lungo 5 metri dove le cose entrano sporche ed escono pulite e calde. Alla lavastoviglie con me c’è una signora arzilla di stile un po’ metal, con dei tatuaggi visibili su entrambe le braccia. Lei parla solo olandese e, quando deve comunicare con me, lo fa parlando tranquillamente. Io capisco una parola ogni cinque, ma spesso basta a intendersi. Io cerco di comunicare meno possibile, ma quando lo faccio mi sforzo e riesco a metter in fila qualche parola. Con cuochi e altri aiutanti parlo in inglese, finchè quella che sembra essere la capo reparto, vieta (con il sorriso) a tutti di parlarmi in inglese. È per il mio bene, lo so, e cerco di stare al gioco ma qualche volta, di nascosto da lei, chiedo traduzioni prima di impazzire.
Durante la pausa pranzo una signora si avvicina e mi chiede conferma sulla mia italianità. Mi chiede se “hablo español”, lei è argentina ma sposata con un olandese, così ci facciamo quattro chiacchiere in spagnolo, più che altro sulla mia avventura di immigrato. Tutti ci ascoltano e guardano un po’ straniti, e io provo un po’ di gioia nel vedere finalmente loro incapaci di comprendere un mio discorso.

Alla fine della giornata mi rendo conto che, visto che continuo a pensare in italiano, oggi ho fatto i conti con ben 4 lingue. Altroché riposo!

|Ste|

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Se prima eravamo in tanti..

Il corso di olandese che stiamo frequentando è iniziato lo scorso maggio; è organizzato da una fondazione italiana, ma l’insegnante è olandese, ovviamente, e le lezioni sono in inglese. O meglio, erano in inglese, perché, al ritorno in aula dopo la pausa estiva, l’insegnante ha iniziato a spiegare in olandese. Giusto, così forse impariamo prima la lingua. Fortunatamente il nostro insegnante è bravo e, quando vede solo occhi vacui, ripete in inglese.

Abbiamo atteso un po’ l’inizio del corso finché è stato raggiunto il numero di iscritti necessari (almeno 6, tutti italiani): alle prime lezioni eravamo addirittura in 7-8 allievi.
Poi, lentamente, ci siamo trovati in 6, poi in 4, ed ora siamo in 3, compresi Ste ed io. Non conosco le varie motivazioni di abbandono del corso, sicuramente ce ne saranno di valide, ma mi colpisce l’incostanza diffusa. Dopo aver preso i contatti giusti ed aver trovato un corso di olandese per principianti (con pochi allievi e quindi più intensivo, ad un prezzo decisamente conveniente anche se alto), esserti iscritto, aver pagato in anticipo l’intero corso, dopo 3-4 lezioni, sparisci. Mi chiedo: con quale spirito sei venuto a vivere in Olanda? Quali strumenti usi per inserirti, lavorare, vivere in una realtà straniera, se non la sua lingua?
Imparare un’altra lingua diventa più difficile proporzionalmente all’età ed imparare l’olandese per chi, come me, non conosce il tedesco, credo sia ancora più faticoso. Non è una passeggiata, ma una continua sfida. Non vedo l’ora di poter leggere un quotidiano in olandese, anche se ora sembra una montagna troppo grande da scalare, ma passo dopo passo si arriva dovunque.
Anche in Olanda.

|Aria|

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l’olandese volente

Mi sistemo sul letto con vista ex caminetto, collego il PC allo stereo e clicco play sul media player. Ah, quanto mancava sentir vibrare un po’ il letto a ritmo di subwoofer. Quei piccoli piaceri della vita che dopo un po’ iniziano a mancare e appena li riscopri ti sembra un po’ di rinascere. Ok, la sto facendo un po’ troppo lunga forse, ma volevo rendervi partecipi.

Mi piace imparare ogni giorno qualcosa, un vocabolo, una frase in olandese. Se la sera riesco ancora a ricordarla mi sento un piccolo vincitore e dimentico il sentimento di sconforto provato ogni volta che il mio collega ventunenne mi guarda come fossi un pirla perchè mi ripete parole che secondo lui dovrei già sapere. Già faccio una fatica boia perchè non so l’inglese come lo sanno tutti gli olandesi, se poi mi metti pure fretta e pure in olandese, non si combina.
Se sono in cucina presso il ristorante ascolto distrattamente i miei colleghi che parlano in olandese tra loro e sento il “click” di un interruttore dentro al cervello quando qualcuno inizia a parlare in inglese. E’ per me. Purtroppo, essendo il mio collega più simpatico un ventunenne pieno di ormoni e brio, spesso si rivolge a me in inglese solo per dire mere stronzate, per vedere se si ricorda qualche parolaccia, per dirmi che la sera prima era ubriachissimo e si è fatto questa o quella. Decisamente poco interessante, capirete. E impegnativo.
Poi ogni tanto arriva il capo cameriere e parla in italiano, o almeno ci prova, poichè ha vissuto e lavorato per molti anni in Italia. Così gli rispondo in italiano, mi viene istintivo, e secondo me capisce un terzo di quello vorrei comunicargli. Ripeto in inglese, qualche parola olandese in mezzo, quando la trovo nel cervello.  Sento però che ogni giorno qualcosa resta e ne sono orgoglioso. Sento anche che devo impegnarmi di più, ora che ci siamo stabilizzati quel minimo che basta per un po’ di tranquillità, e dedicherò almeno un paio di ore al giorno a tradurre articoli di giornale, libri, quel che trovo. Magari potrei fermarmi in una di quelle panchine spettacolari in mezzo a alberi e poco altro. Scribacchiare su un quaderno parole su parole, cercando di imprimerle nella mente. Almeno fino a quando riprenderemo il corso a fine agosto.
Sono motivato e, sebbene l’impresa sia oggettivamente ardua, sento che ce la farò.

Seguono foto in qualità scandalosa tratte dal percorso che faccio in bici per andare al lavoro. Così capite perchè 16 km di bici al giorno non mi spaventano.

|Ste|

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Il BSN è arrivato.. il lavoro non ancora..

Ebbene, Ste è diventato un cittadino di Haarlem e ha quindi acquisito il BSN circa 10 giorni dopo la richiesta (che abbiamo fatto insieme individualmente, presso lo stesso sportello con la stessa impiegata), mentre io non sono più clandestina da giovedì 19.  È stato davvero un sollievo ricevere la comunicazione del codice! Iniziavo a sospettare di dover chiedere asilo come rifugiata politica!

Avere il BSN significa poter sottoscrivere un contratto di lavoro, quindi avere un lavoro, ergo uno stipendio; non è proprio così semplice perché bisogna comunque trovare un lavoro.
Ho tentato di lasciare il curriculum vitae in qualche posto ad Haarlem e ad Amsterdam, ma non è andata bene. La motivazione è stata la stessa: parlare olandese è il primo requisito. A pensarci, è abbastanza logico che ad Haarlem (città poco turistica, soprattutto in questo periodo) il personale di negozi e ristoranti debba parlare olandese; ma speravo che ad Amsterdam, turistica per eccellenza, nelle vie più frequentate non fosse indispensabile l’olandese. D’altronde gli annunci a cui ho risposto erano scritti in lingua ed io ho avuto la presunzione di pensare che bastasse sapere che werk significa ‘lavoro’ per introdurmi nel loro mercato lavorativo.
Vabbé, comunque non abbiamo ancora visitato personalmente le agenzie di lavoro interinale, che magari possono trovarci più facilmente una collocazione data la nostra lacuna.
È nostra ferma intenzione seguire un corso di olandese al più presto, ma anche questo ha un costo (e non indifferente date le attuali possibilità), che potremo permetterci non appena avremo un’entrata.
Speriamo di trovare un’occupazione ad Amsterdam così da poter seguire contemporaneamente un corso di olandese.
|Aria|

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